Il fermento di attività che la
distribuzione indipendente di ricambi sta vivendo sin dai primi giorni di primavera non accenna a diminuire di intensità; anzi, le dinamiche di un cambiamento degli equilibri che hanno caratterizzato più di trent’anni di distribuzione stanno saltando a un ritmo simile a quello dei tappi di champagne la notte di San Silvestro.
Se l’editoriale di
Notiziario Motoristico “Le idi di marzo” (NM 2/2014 marzo pag. 11) ha correttamente fotografato una tendenza in atto, oggi i movimenti orizzontali e verticali di numerosi distributori stanno dimostrando che l’insofferenza alle regole e ai confini regionali è arrivata a un punto di rottura.
La pax distributiva, ottenuta garantendo aree protette o di competenza, che ha permesso la nascita delle organizzazioni di distribuzione, ha una sorta di equilibrio che ha tenuto nel tempo, ma che oggi sembra la luce di una stella già spenta, ma che ancora brilla sempre più flebilmente nel cielo.
Le ambizioni di chi ha saputo crescere più degli altri, anche grazie a territori con un circolante percentualmente più rilevante,
oggi non sono più arginabili da regole scritte o meno in anni che sono ormai lontani, sia nel tempo sia nel concetto.
Seppur legittime - e in parte condivisibili - le ragioni dei più grandi,
sono altrettanto valide le obiezioni sollevate a fronte dei rischi che una simile deriva porterà indubbiamente al mercato. Certo sarebbe stato meglio, sempre fosse stato realmente realizzabile, una fusione fra società appartenenti a uno stesso network, piuttosto che una sovrapposizione senza quartiere, così come sta avvenendo, e non in una sola organizzazione. Ma questo è già il passato e indietro, a volte, non si può tornare.
Le regioni in maggior fermento sono ovviamente quelle con un circolante più ampio e, quindi, sono le stesse dove si trovano i distributori più importanti. Le conseguenze di tali tensioni non saranno scaricabili all’infinito “a monte”, cioè verso i costruttori, che non potranno concedere all’infinito condizioni speciali a tutti, perché alla fine queste non servirebbero ad altro che ad abbassare la redditività di tutto il mercato, appiattendolo di volta in volta su livelli sempre più bassi.
Stiamo ancora cercando di capire se stiamo assistendo a una europeizzazione del mercato italiano oppure se siamo invece di fronte alla più forte distruzione di marginalità e redditività mai vissuta fino ad ora, che non porterà a un nuovo scenario, ma semplicemente a un impoverimento di quello attuale.
Non ci sono dubbi che,
in poco tempo, il mercato che conosciamo non sarà più facilmente riconoscibile.